Di Marco Boschini
Sono stati i giorni dell’assenza. Per le persone scomparse, per l’isolamento che abbiamo vissuto e subito. Per il tempo e lo spazio che abbiamo perduto.
Il Covid-19 ha messo in luce una volta per tutte le crisi di sistema (sanitaria, sociale, economica, ambientale) che l’attuale modello di sviluppo ha prodotto. Peggio, ci ha sbattuto in faccia il dramma di decine di migliaia di vittime morte sole, in un letto di ospedale o in una casa di riposo, o confinate in un appartamento, senza assistenza o conforto familiare.
Parallelamente al dramma umano e sanitario, ad andare in tilt è stato il sistema economico. Negozi, aziende, attività grandi e piccole, non hanno retto all’onda d’urto di chiusure forzate. Molte persone hanno perso il lavoro, altre lo perderanno nei prossimi mesi. Chi aveva meno oggi sta ancora peggio. Se ci pensiamo, è l’esatto contrario dell’andrà tutto bene che all’inizio di questa pandemia ripetevamo come un ritornello autoconsolatorio.
È evidente che in un contesto socio economico stressato come questo, progetti ed opportunità legate all’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati rischia di essere ancora più marginalizzato di quanto già non fosse nei mesi precedenti al Covid.
Ma è proprio a partire da questo contesto precario che il mondo delle cooperative sociali deve imporsi uno scatto di fantasia che porti al tavolo delle istituzioni locali e delle imprese del territorio proposte innovative e coraggiose.
Serve un atto di presenza forte, non tanto e non soltanto per salvaguardare quanto c’era prima, ma per rilanciare un’idea indispensabile come quella che ha portato migliaia di ragazze e ragazzi a beneficiare di un’occasione lavorativa che è anche e immediatamente un’occasione di vita. Il diritto al lavoro come arricchimento economico ma anche e soprattutto come chance per stare dentro la vita con dignità e diritti.
Il mondo che andremo a rifondare dovrà necessariamente prendere la velocità delle persone fragili. E intorno a questo nucleo riscrivere politiche e servizi che mettano effettivamente al centro l’individuo e le comunità, l’io che si fonda nel noi. È un’occasione irripetibile, forse l’ultima che abbiamo a disposizione.